Stefano Bordone (Foto Ivan Benedetto)
Pubblicato il 19 maggio, 2020 16:30 |
by Michele Balossino
ESCLUSIVO – Pro Vercelli, Bordone: “Le Società vanno aiutate, non affossate”
ESCLUSIVO PRO VERCELLI INTERVISTA STEFANO BORDONE / VERCELLI – Alla vigilia del Consiglio Federale (in programma domani alle ore 12), che dovrebbe far chiarezza sul futuro della stagione 2019/2020 di Lega Pro, abbiamo contattato il Direttore Generale della Pro Vercelli Stefano Bordone che, in esclusiva, ci ha fatto il punto della situazione. Ecco, dunque, le sue dichiarazioni.
PRO VERCELLI, L’INTERVISTA ESCLUSIVA A STEFANO BORDONE
Direttore, dopo l’Assemblea di Lega Pro il Presidente Ghirelli aveva riconosciuto un grande senso di responsabilità nella decisione dei club di sospendere il campionato. Domani ci sarà il Consiglio Federale: si aspetta una decisione responsabile anche da parte loro? Più che aspettarmelo, me lo auguro vivamente. La realtà è che può succedere davvero di tutto, ma per me la sospensione definitiva del campionato è l’unica scelta possibile. Lo dico dal punto di vista della nostra Società, che però è comune anche alle altre: per la Lega Pro, il protocollo sanitario è inattuabile. Innanzitutto per una questione etica: non ritengo corretto che il personale sanitario non possa accedere ai tamponi, mentre noi dovremmo sottoporre ai tamponi ogni quattro giorni tutti i tesserati; e non parlo di dieci persone, ma cinquanta o sessanta. Il secondo problema, per le squadre di Serie C, è il personale sanitario: i nostri medici non si occupano solo di medicina sportiva, ma lo fanno per passione e per darci una mano. Noi non ce la sentiamo di sottrarre personale sanitario agli ospedali e ai mutuanti: stare dietro al protocollo vorrebbe dire stare tutto il giorno dietro alla Società sportiva. Con responsabilità penali. Terzo, il problema sono le strutture. La maggior parte delle Società di Lega Pro non ha le strutture adeguate per rispettare il protocollo e non tutte le città hanno gli spazi adeguati per metterlo in pratica: non è semplice trovare alberghi che possano ospitare per lungo tempo il ritiro di una Società professionistica. E non possiamo tralasciare l’aspetto economico; in un momento così delicato, non mi sembra giusto far sobbarcare alle Società di Serie C costi esorbitanti a fronte di perdite clamorose da qui al termine della stagione. Le Società vanno aiutate, non affossate. Oltre al blocco del campionato, che mi auspico perché le Società devono potersi organizzare per il presente e per il futuro, spero che la FIGC ci faccia sapere il prima possibile quali siano le strade per organizzarsi. C’è assolutamente bisogno di attuare una riforma, per evitare la morte di molte Società.
A proposito di aiuti economici, nell’ultimo decreto è prevista la cassa integrazione in deroga: è una decisione che va incontro alle esigenze delle Società in questo periodo? Assolutamente sì, è una buona conquista perché fino ad oggi la cassa integrazione in deroga non era mai stata concessa ai professionisti sportivi. Anche se, nella realtà dei fatti, tutti coloro che lavorano a livello sportivo ne avrebbero sempre avuto diritto, perché versano come tutti i dipendenti all’INPS; non ci sono differenze con gli altri lavoratori per quanto riguarda i versamenti. La cassa integrazione in deroga è stata concessa fino a stipendi di 50000 euro lordi, chi guadagna di più non ne avrà diritto. In Serie C ci sono tanti giocatori che prendono stipendi normali, questo provvedimento viene in aiuto soprattutto della Serie C dove i tetti salariali sono più bassi rispetto alle categorie superiori. Si tratta di un aiuto importante: noi abbiamo molti giocatori al minimo federale, che spesso hanno una famiglia. A oggi sappiamo che è stata concessa, ma il decreto non è ancora stato pubblicato: esattamente non conosciamo ancora le modalità di applicazione. Al momento, dunque, utilizziamo il condizionale, perché ancora non è chiaro quali siano le modalità e la durata della cassa integrazione: molto probabilmente potrebbe non coprire l’intero periodo. Dobbiamo capire se sarà di nove settimane come quella ordinaria oppure se verrà prolungata come stanno facendo con le altre: potremo capirlo solo nel momento in cui uscirà il testo del decreto.
A proposito di riforme: tra le varie ipotesi uscite, qual è – a suo avviso – la migliore? Serie B a 40 squadre oppure semiprofessionismo per la Serie C? Per dire quale sia la migliore, bisognerebbe conoscere i parametri con cui vengono proposte: in base ai parametri, alle contribuzioni, ai costi e alle nuove normative si potrebbe capire la strada migliore. Al momento non saprei dire se sia meglio fare una Serie B a 40 squadre o lasciare tutto com’è, introducendo il semiprofessionismo in Serie C. Sono entrambe due strade valide. Lasciando tutto così, con il semiprofessionismo, si permetterebbe alle Società di respirare dal punto di vista contributivo. Ma anche la strada della Serie B a 40, contribuzioni permettendo, è una strada percorribile e interessante: darebbe lustro non a venti, ma a quaranta città italiane. E farebbe bene alla ripartenza delle città stesse. La stessa partita giocata in Serie C o in Serie B avrebbe una valenza diversa, anche dal punto di vista mentale. E il seguito mediatico sarebbe ovviamente maggiore, per il rinnovato entusiasmo. Servirebbe comunque una riforma importante: non basterebbe prendere i contributi attuali della Serie B e distribuirli a quaranta squadre anziché a venti. Tutto dipenderà dalle nuove normative. L’importante è che si prenda una decisione e che una di queste ipotesi venga attuata. Le strade sono due, non si scappa: o si aumentano i ricavi e i contributi in maniera significativa o si diminuiscono i costi. Il massimo sarebbe attuarle entrambe, ma l’importante è che aumentino i ricavi o diminuiscano i costi: perché le squadre non riusciranno più a sobbarcarsi le spese sostenute fino ad oggi. Il calcio è un’azienda in perdita: gli imprenditori, soprattutto in Serie C, devono innanzitutto pensare alle loro aziende. Il calcio dipende dall’imprenditore e dal gruppo che guida: è una conseguenza. Se tutto rimanesse com’è, il futuro non sarà certamente roseo per le società di Serie C.
Ultimissima domanda: oltre alle prime classificate dei tre gironi, è giusto che sia il Carpi la quarta squadra promossa per merito sportivo? In questo momento, di giusto non esiste nulla. Dal nostro punto di vista, se la quarta promossa deve essere scelta, il criterio del merito è quello più corretto, sia dal punto di vista tecnico sia sportivo. Però in questo momento, ripeto, criteri giusti non esistono e chiunque potrebbe lamentarsi. Quindi cerchiamo di utilizzare l’oggettività.