Esclusive Carlo Mammarella (Foto Ivan Benedetto)


Carlo Mammarella (Foto Ivan Benedetto)
Pubblicato il 24 giugno, 2019 16:30 | by Michele Balossino

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Pro Vercelli, il saluto di Mammarella: “Non è un addio, ma un arrivederci”

PRO VERCELLI SALUTO CARLO MAMMARELLA INTERVISTA / VERCELLI – Nel giorno dell’annuncio del suo addio alla Pro Vercelli, capitan Carlo Mammarella ha voluto ringraziare la società e i tifosi per le splendide annate passate insieme fin dal suo arrivo nella sessione di calciomercato invernale del 2016. Da quel giorno il numero 3 delle “Bianche Casacche” ha collezionato 130 presenze, 4 gol e 28 assist: numeri impressionanti, che sottolineano lo spessore tecnico e umano di un calciatore straordinario. Ecco, dunque, le sua parole rilasciateci in esclusiva.

 

PRO VERCELLI, IL SALUTO DI CAPITAN CARLO MAMMARELLA

Buongiorno Carlo. Innanzitutto partirei dalla fine della tua avventura vercellese: ci sono dei ringraziamenti che vuoi fare?

Il ringraziamento principale penso sia giusto rivolgerlo al Presidente Massimo Secondo: una persona eccezionale, un tifoso che ha sempre voluto il bene di questa gloriosa società. Nonostante le sue dichiarazioni di voler cedere la società, so che sta portando avanti lui le pratiche per l’iscrizione e sta facendo fronte a spese non indifferenti per il bene della piazza. Per quanto se ne sia detto negli anni, che tenere una società in Serie B ti possa far guadagnare, posso assicurare che il Presidente ha messo tanti soldi di tasca sua nella società. So quello che vive personalmente: è una persona che ha una azienda e una famiglia, alle quali deve rendere conto delle sue scelte; ha delle responsabilità sia nei confronti della famiglia sia dell’azienda. Avere al giorno d’oggi una persona che porta avanti un discorso del genere sarebbe da apprezzare e i tifosi dovrebbero fare un sold out con gli abbonamenti per fargli capire che la gente c’è, è con lui e apprezza quanto ha fatto.

Questo è forse l’aspetto che non è stato ben compreso dal pubblico: capire in quale realtà la Pro Vercelli si stava confrontando e capire l’importanza di avere un Presidente tifoso, una rarità anche nel grande calcio.

Sono pienamente d’accordo. Da parte del tifoso, ed è giusto che sia così, quando si raggiunge un obiettivo poi si cerca di volersi sempre superare. Se la società fa un acquisto importante, l’anno dopo te ne aspetti due altrettanto importanti; se vinci un campionato, pensi di vincerne un altro. Oggi mantenere una squadra in Lega Pro richiede fegato e tanti sforzi. Il Presidente Secondo l’ha sempre dimostrato e lo sta facendo ancora, manifestando amore per questa maglia. Per questo dico che servirebbe un grande segnale da parte del pubblico con gli abbonamenti, sarebbe una dimostrazione di vicinanza e lui ne sarebbe orgoglioso. Personalmente ci ho provato in campo: a volte ci sono riuscito, a volte meno. Quest’anno l’obiettivo era riportare, insieme ai miei compagni, la squadra in Serie B; non ci siamo riusciti per una serie di situazioni, ma il calcio è questo: tante volte gli episodi ti girano contro in un secondo e tutto svanisce.

Comunque, nonostante tutto, la stagione è stata molto positiva dopo le incertezze di inizio stagione.

Era impensabile, anche dentro di me, poter vincere questo campionato: la realtà è che siamo partiti con due mesi di ritardo, con una struttura nuova, un allenatore nuovo e dei compagni nuovi. Abbiamo dovuto resettare tutto e ripartire da zero: e in questi casi può girare anche male. Invece devo dire che mister Grieco è stato grande artefice di questa annata, perché è riuscito a cementare un gruppo che l’ha seguito in tutto e per tutto. Poi la Virtus Entella ha vinto il campionato, dimostrando di essere superiore a tutti.

Questa era la tua quarta annata con la bianca casacca: due salvezze, una retrocessione amara e una Serie C molto positiva. Che bilancio puoi fare della tua esperienza a Vercelli?

Il bilancio personale è positivo. C’è l’amarezza di quella sfortunata annata dove non siamo riusciti a venirne fuori come collettivo generale: per collettivo intendo squadra, società e tifosi. C’è stato uno scollamento che non ci ha permesso di raggiungere l’obiettivo della salvezza. Però, tutto sommato, abbiamo vissuto delle annate importanti. Da parte mia c’è solo la delusione di non essere riuscito a lasciare la Pro Vercelli dove l’avevo trovata: questa è l’amarezza più grande.

C’è qualcosa che ti ha legato particolarmente alla Pro Vercelli in queste annate che hai vissuto?

Sicuramente la conoscenza del valore di indossare questa maglia: valore che è arrivato, altrimenti non avrei compreso la storia di questa società che in passato ha vinto sette scudetti. Tutto questo è stato possibile anche grazie ad Alberto Dalmasso e alla sua storia legata anche un po’ alla Pro Vercelli, legata a quel suo ultimo articolo che scrisse su di me; avendo avuto la fortuna di conoscere i suoi genitori, tutto questo insieme mi ha portato a conoscere la vera storia della Pro Vercelli, quello che è il territorio, il cibo. Ma soprattutto un legame fortissimo che è riconducibile alla partita contro il Brescia: con quella partita ci salvammo. Quel giorno ero al 20% della condizione (giocai tutto fasciato per il problema al collaterale del ginocchio dal quale stavo guarendo) e con quella punizione, anche se non fu un gol bellissimo, ho capito che Alberto era al mio fianco. Dopo il gol abbracciai il papà di Alby e scoppiai a piangere. Oltre alla salvezza, in quel pomeriggio ho sentito su di me delle emozioni fortissime che mi accompagneranno per il resto della vita.

Con queste parole hai dimostrato grandi valori umani, quei valori di cui parlava mister Vito Grieco che al giorno d’oggi si stanno perdendo nel calcio. Vuoi lasciare un messaggio ai giovani che un domani dovranno sostituire te e gli altri giocatori esperti?

Quest’anno mi sono preso a carico i giovani, ma l’ho sempre fatto dove ho trovato ragazzi intelligenti e pronti a recepire il messaggio che volevo dare. Ho sempre detto loro di amare questo lavoro, perché siamo dei privilegiati. Ho detto di guardare cosa c’è al di fuori del mondo del calcio e di essere fortunati di poter vivere praticando lo sport più bello del mondo. Se qualcuno avrà la fortuna di arrivare ad altissimi livelli, ne beneficerà per tutta la vita. Il messaggio è quello di trasmettere i valori che mi hanno accompagnato per vent’anni di carriera e più di 500 partite tra i professionisti. Per quello che ho vissuto io, anche gli errori che ho commesso mi hanno aiutato a crescere: ho cercato di trasmettere quella che è stata la mia storia calcistica. Poi ognuno di loro farà il proprio percorso, ma l’atteggiamento deve sempre essere giusto: perché siamo visti dai ragazzi come esempi da seguire, dalle famiglie e da persone che ci guardano in TV che non conosciamo. Quindi è giusto mantenere un certo atteggiamento, dentro e fuori dal campo.

Ora per te inizia un’altra avventura, con la maglia della Ternana. Cosa ti aspetti?

Quella di Terni è una sfida che ho raccolto con il Direttore che conoscevo dai tempi di Lanciano: mi ha dato questa possibilità e cercherò di fare del mio meglio; è un ambiente nuovo e una piazza importante, che ha voglia di venire fuori da questo campionato dopo una annata deludente. L’obiettivo sarà quello di migliorarsi. Ritroverò Paghera e Bergamelli, due miei ex compagni alla Pro Vercelli. Il Presidente ha lanciato un’ottima iniziativa per i tifosi e gli abbonamenti sono già 12000. Adesso sta a noi far incrementare questi numeri o almeno a farli rimanere tali. Ma questo si fa solo con le prestazioni e le vittorie.

Un’ultima battuta. Si tratta di un addio o di un arrivederci alla Pro Vercelli?

Quando concluderò con il calcio giocato, mi piacerebbe rimanere in questo mondo: è stato il mio lavoro per vent’anni, faccio fatica a vedermi in un’altra veste. Però non sappiamo mai cosa può riservarci la vita. Per adesso il pensiero è quello di rimanere in questo mondo. E magari la mia strada e quella della Pro Vercelli, un giorno, potranno incontrarsi nuovamente.

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